Sarà probabilmente capitato almeno una volta anche a voi di essere aggiunti a un gruppo di WhatsApp senza che nessuno ve ne chieda il permesso, e non sempre l’amministratore che vi include vi fa una gradita sorpresa. D’altra parte l’app di messaggistica di Facebook neanche vi facilita nell’evitare tali ingerenze nella vostra sfera privata che talvolta possono risultare pure fastidiose, perché per impostazione predefinita chiunque possieda il vostro numero di telefono può aggiungervi in un gruppo da questo amministrato. Ma in certi casi chi vi inserisce nel proprio gruppo senza chiedervi il consenso può essere sanzionato per violazione della privacy.
Se pensate che vi possa essere utile sapere come difendervi legalmente da chi abusa del vostro numero di telefono, può essere però opportuno verificare prima se sia possibile risolvere tecnicamente il problema alla fonte tramite le impostazioni previste sulla privacy da WhatsApp. Infatti, se di default chi ha il vostro numero di cellulare può aggiungervi ad un suo gruppo, andando tuttavia nelle impostazioni della app vi sono anche altre due opzioni:
-la prima “I miei contatti” consente di aggiungervi ad un gruppo solo agli utenti che sono presenti nella vostra rubrica, impedendo così di farlo ad altri semplicemente per il fatto che sono riusciti ad ottenere il vostro numero;
-la seconda opzione “I miei contatti eccetto…” permette invece di fare un’ulteriore selezione tra i numeri che avete in rubrica, perché in pratica potete “bannare” quelli a cui non desiderate in alcun modo dare la possibilità di inserirvi a loro piacimento in qualche gruppo.
Ma in quali casi un utente impertinente che vi aggiunge ad un gruppo di WhatsApp potrebbe ricevere una sanzione per violazione della privacy? Ciò è possibile quando a chi vi inserisce nel proprio gruppo dell’app di messaggistica non si applica la cosiddetta “esimente domestica” prevista dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera c) del Regolamento UE 2016/679 applicabile solo ai trattamenti di dati personali effettuati da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale.
Quando infatti chi desidera aggiungervi a un gruppo di WhatsApp non è un utente privato, bensì un’azienda o un qualsiasi altro operatore che persegue scopi commerciali o professionali, si applicano integralmente le prescrizioni del Gdpr e può farlo solo se prima gli avete esplicitamente espresso il vostro consenso.
È il caso di ex membro di una società sportiva spagnola che, nonostante non fosse più iscritto al club da dieci anni, nel dicembre del 2020 si era comunque visto includere in un gruppo su WhatsApp in cui venivano condivisi contenuti utili per i frequentatori del centro sportivo. Anche se probabilmente era stato ritenuto che fosse rimasto un “simpatizzante” della società sportiva, sta di fatto che non avendo dato alcuna autorizzazione il gesto lo ha indispettito a tal punto da rivolgersi all’autorità controllo nazionale per la protezione dei dati personali (AEPD), la quale a luglio di quest’anno aveva accolto il reclamo dell’ex membro, infliggendo adesso una sanzione di 4.000 euro alla società sportiva.
Come si legge nel provvedimento Nº: PS/00260/2021, le violazioni contestate dal garante della privacy iberico riguardano nello specifico la riservatezza e l’adeguatezza delle misure di sicurezza richieste dall’art.32 del Regolamento, l’illiceità del trattamento ai sensi dell’art. 5 per aver conservato i dati dell’utente per ben dieci anni oltre la cessazione dell’iscrizione al club sportivo, e ovviamente l’art. 6 per l’assenza del consenso dell’interessato.
In sostanza, se avete intenzione di creare un gruppo su WhatsApp per includervi i vostri contatti, prima di procedere è opportuno che sappiate che se da una parte quando un utente privato crea un gruppo per svago o altre attività strettamente personali in cui coinvolge familiari e amici non può essere penalizzato, d’altra parte se fate la stessa cosa nell’ambito di un’attività commerciale o professionale dovete rispettare tutte le disposizioni della normativa sulla privacy, a partire dalla richiesta del consenso ai vostri contatti.
News ripresa da Federprivacy